Ad ogni maschera di carnevale il suo vino

Una volta l’anno è lecito impazzire” dice una famosa frase di Seneca. Ed è Carnevale quel momento in cui uscire fuori dagli schemi è concesso.

Questa festività così importante fa ormai parte della nostra cultura. Trae le proprie origini, infatti, dalle dionisiache greche e dai saturnali romani durante i quali si mettevano da parte gli obblighi sociali per lasciar posto allo scherzo e alla dissolutezza. E durante queste feste ovviamente il vino aveva un ruolo centrale.

Accompagnava infatti banchetti luculliani e aiutava a ribaltare la realtà con la fantasia, spingendo le persone a lasciarsi andare e a diventare per un giorno qualcun altro. Ed è grazie a questi travestimenti, che in epoca più moderna la Commedia dell’arte ha dato origine alle maschere che oggi conosciamo.

Ma esistono delle affinità tra i nostri vini preferiti e le maschere di carnevale? Scopriamolo insieme!

Colombina e il Prosecco Rosè di Val D’Oca

                       

Nata a Venezia, Colombina è una delle poche maschere femminili della tradizione. Seducente e astuta, è la versione femminile di Arlecchino, del quale è la compagna. Ha un carattere forte e un’innata furbizia, che le consentono di tenere a bada qualche corteggiatore non troppo educato. Ma Colombina è anche vanitosa e a tratti un po’ civettuola, le piace essere sempre ordinata e ammaliare gli uomini con il suo fascino.

Il suo modo di essere così vivace e sbarazzina ci ricorda il Prosecco Rosè DOC Millesimato extra dry, dell’azienda Val D’Oca. Un vino con un perlage sottile e persistente e che al naso sprigiona profumi piacevoli e fragranti di ciliegia e piccoli frutti rossi. Un vino leggero e morbido, ma con una buona acidità e amabilità che non lo rendono per niente banale.

Un vino che, come Colombina, è in grado di affascinarci grazie alla bellezza del suo colore rosa tenue e di conquistarci grazie alla sua beva briosa.

Maschere e vino: Gianduja e il Picotener di Serafino

Di origini piemontesi, Gianduja rappresenta la maschera del galantuomo allegro, che ama il buon vino e la buona tavola. Il suo nome deriva infatti dall’espressione “Gioan d’la douja” che letteralmente vuol dire Giovanni del boccale.

Questo personaggio incarna lo stereotipo del popolano locale. Coraggioso, assennato, fedele, ma anche caparbio e sospettoso, se non vede chiaro in quanto gli accade intorno.

La sua galanteria richiama l’eleganza e l’intensità di un vino anch’esso autoctono del Piemonte: il Picotener di Enrico Serafino. Complesso con note floreali di rosa e violetta, fruttate di ciliegia e susina e infine sentori fini di spezie. Al palato è fine, vellutato, fresco, da medio a strutturato, delicato con tannini intriganti e un lungo e persistente finale minerale.

Un vino educato ma sorprendete, un nebbiolo d’altri tempi, dalla forte attitudine piemontese.

                       

Pulcinella e la Falanghina del Sannio di Mastroberardino

                       

Simbolo indiscusso del carnevale, Pulcinella è una delle maschere popolari più antiche. È originario della Campania, più precisamente napoletano. Nella storia viene ritratto come un pigrone, negligente e opportunista, ma anche sfacciato, ironico e chiacchierone.

È un grande amante del cibo che mangia con voracità e per il quale farebbe di tutto. Adora infatti maccheroni e pizza, ed è proprio per la sua passione per quest’ultima che il vino perfetto per Pulcinella è la Falanghina del Sannio DOC di Mastroberardino. Questo vino, infatti, grazie alla sua freschezza e acidità si abbina perfettamente alla pietanza partenopea per eccellenza.

E poi, proprio come Pulcinella, è anche un vino furbo. Grazie al suo profumo fresco e fruttato e alle spiccate note di agrumi, frutti tropicali, pesca, banana e fiori bianchi è in grado di “fregare” chiunque ne provi anche un solo sorso.

Vi abbiamo incuriositi e ora non vedete l’ora di assaggiare questi vini? Li trovate nello shop di Vinrà!

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