La famiglia Mastroberardino, punto di riferimento della vitienologia italiana, è riconosciuta come la paladina dei vitigni autoctoni dell’Irpinia e della Campania. Ha infatti posto sempre grande cura nella tutela e nella valorizzazione di varietà come l’Aglianico, il Fiano, il Greco, la Falanghina, il Piedirosso, la Coda di volpe, le cui origini risalgono alla colonizzazione greca e alla civiltà romana. L’innovazione, la ricerca, la sperimentazione hanno accompagnato l’opera di recupero e di rilancio dei biotipi più antichi e dai caratteri migliori, al fine di salvaguardare la biodiversità all’interno di queste famiglie varietali ed accrescerne il potenziale qualitativo.
Le prime tracce dell’intrapresa Mastroberardino nell’attuale sede di Atripalda, alle porte di Avellino, risalgono agli inizi del Settecento. Da allora ai nostri giorni si contano dieci generazioni di famiglia, senza soluzione di continuità. Nel 1878, con la registrazione presso la Camera di Commercio di Avellino, Angelo Mastroberardino, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia e bisnonno dell’attuale Presidente, Piero Mastroberardino, avvia le esportazioni dei vini di famiglia prima in Europa, poi, grazie ai lunghi e pionieristici viaggi di suo figlio Michele Mastroberardino, verso l’America del Nord e l’America Latina.
L’azienda è coinvolta in numerosi progetti in cui si intersecano cultura, viticultura ed enologia. Nel 1996 la Soprintendenza Archeologica di Pompei, sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica Italiana, ha affidato alla famiglia Mastroberardino il progetto di recupero delle antiche tecniche di viticoltura a Pompei come riconoscimento del ruolo da questa svolto nella difesa e valorizzazione dei vitigni autoctoni. In circa un ettaro, all’interno degli scavi di Pompei, è stato possibile impiantare vigneti a base Piedirosso e Sciascinoso, seguendo scrupolosamente le tecniche di allevamento degli antichi romani, prima che il Vesuvio, con l’eruzione del 79 d.C. seppellisse la città. Nel 2001 si è avuto il primo raccolto significativo con la prima vinificazione e l’affinamento di Villa dei Misteri, prodotto in appena 1.721 bottiglie, che vennero collocate all’asta e distribuite ad appassionati di ogni parte del mondo. I proventi furono utilizzati per sostenere il restauro della cella vinaria presente nel sito del Foro Boario. In tale sito giace il più esteso tra i vigneti reimpiantati entro la cinta muraria, nei pressi delle rovine dell’anfiteatro e della palestra grande, con annessa l’antica cella vinaria: piccolo edificio con 10 “dolia” interrati, grandi contenitori in terracotta dove avveniva il processo di vinificazione. Per le prime dieci annate di Villa dei Misteri l’uvaggio è costituito da Piedirosso al 90% e Sciascinoso al 10%.A partire dalla vendemmia 2011, in seguito all’avvio della produzione degli ultimi impianti realizzati, Villa dei Misteri è ottenuto come blend di tre diverse varietà, che a regime presenta le seguenti percentuali di uvaggio: Aglianico 40%, Piedirosso 40% e Sciascinoso 20%.
La famiglia Mastroberardino, ispirata dai principi della sostenibilità e del rispetto del territorio, ha avviato, con un protocollo di intesa sottoscritto con il comune di Pollica nella seconda metà del 2016, un importante programma di investimento finalizzato ad attività di ricerca e valorizzazione culturale della vite nel Cilento, territorio chiave per la “Dieta Mediterranea”, stile di vita e identità culturale riconosciuta dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’Umanità, che include da sempre il vino quale componente essenziale per uno stile di vita alimentare equilibrato e sano.
A beneficio della comunità locale e dei numerosi visitatori delle cantine storiche la famiglia Mastoberardino condivide la storia della sua impresa attraverso il MIMA. MIMA - Museo d’Impresa Mastroberardino Atripalda è il nuovo progetto culturale, fortemente voluto da Piero Mastroberardino, attualmente al timone dell’azienda, che quasi come la trama di un romanzo racconta tre secoli di storia d’Italia e del mondo intimamente legate alle vicende personali e alle scelte aziendali dei suoi avi, scavando a ritroso attraverso dieci generazioni. “La scelta del nome del museo – spiega Piero Mastroberardino – rappresenta un segno distintivo con cui sono cresciuto e che oggi vive di nuovo vigore. Sono infatti le iniziali di mio nonno, Michele Mastroberardino, che coniò questa sigla a cavallo degli anni Trenta, durante uno dei momenti decisivi della nostra impresa. Il MIMA è articolato in due sale, la prima, dedicata alla figura di Angelo Mastroberardino copre il periodo che va dal 1700 al 1914. Nella seconda il testimone passa al figlio Michele Mastroberardino, e la narrazione è divisa in due momenti, il primo dal 1914 al 1932, il secondo dal 1933 al 1945, anno della morte di Michele.
Il più recente progetto a favore della comunità e della cultura è il MAG-Mastroberardino Art Gallery una cantina antica, secolare, che dà il senso di accoglienza tipico del focolare, vissuta come simbolo di radicamento dei valori familiari. Meta di visitatori provenienti da ogni parte del mondo, è divenuta una art gallery, in seguito all’installazione di opere di artisti di rilievo internazionale come Raffaele De Rosa, Maria Micozzi, Doina Botez, Patrizia Comand, Felice Nittolo, Coderch & Malavia, Salvatore Fiume e Aldo Melillo. Ambienti di lavoro e di contemplazione, caratterizzati da una sobrietà raffinata e discreta, che richiama alla mente sensazioni ormai sopite: il tempo rallenta, bandisce i rumori superflui. I preziosi, custoditi con serenità sapiente, riposano e temprano la propria personalità fino al momento in cui dovranno confrontarsi con l’esterno, portando con sé il patrimonio di sensazioni accumulate nel lungo periodo di gestazione. Dovranno recare un messaggio, quei preziosi, un messaggio antico e forte, che rifugge compromessi e superficialità: il messaggio del vino, sangue della terra.